Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/228

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altri un altro Quintiliano avolo forse del nostro, rammentato qual declamatore da Seneca, come altrove si è detto. Ma non vi è argomento bastevole ad affermarlo; e l’opinion più verisimile, a mio parere, si è cbe esse sieno di diversi autori; e che per farle salire a più alta stima siano state attribuite a Quintiliano. Egli è certo però, che fin da’ tempi più antichi leggevansi declamazioni sotto il nome di Quintiiliano, chiunque egli fosse; perciocchè Trebellio Pollione, parlando di Postumo il Giovane, uno de’ trenta tiranni, dice (in ejus Vita) cbe e’ fu così eloquente nel declamare, che le Declamazioni da lui composte dicevansi inserite tra quelle di Quintiliano. E forse ciò che a quelle di Postumo, avvenne ancora alle declamazioni di altri che raccolte insieme tutte sotto il nome di Quintiliano si divolgassero. Alle Declamazioni di Quintiliano si sogliono aggiugnere quelle di un Calpurnio Flacco, scritte aneli’ esse in uno stil somigliante, cioè freddamente ingegnoso. Ma dell’autor di esse null’altro sappiamo, se non che sembra ch’ei vivesse sotto Adriano, come da un passo dell’antico Digesto conghiettura il Gronovio nelle sue note alla prima di queste Declamazioni. XIV. L’ultimo monumento che ci rimane dell’eloquenza di questi tempi, è il celebre Panegirico di Traiano fatto da Plinio il Giovane,! di cui perciò ci conviene ora parlare. C. Plinio j Cecilio Secondo ebbe per padre Lucio Cecilio, per madre una sorella di Plinio il Vecchio, per patria Como, come egli stesso in piò luoghi afferma (l. 2, ep. 8; /. 4j cp. 3o: l. 6, cp. a5, ec.);