Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/232

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vecchio, che da alcuni vien posto tra gli atei, come a suo luogo vedremo. XV. Ei fu coltivatore indefesso ad un tempo e generoso fomentatore de’ buoni studj. Le sue Lettere ce ne danno continue prove. I giorni di solennissimi giuochi, a cui tutta Roma accorreva in folla, eran giorni per lui di erudito ritiro, in cui tutto abbandonavasi allo studio (l. 9, ep. 6). Egli stesso ci narra il piacere di cui godeva allor quando in qualche solitaria villa poteva senza disturbo alcuno coltivare le lettere (l. 1 , ep. 9). Si duole, quando per dover di amicizia è costretto a porre da parte i libri, e volgersi agli affari; ma confessa insieme che l’amicizia e agli studj e ad ogni altra cosa debb’essere antiposta (l. 8,ep. 9). La diligenza di cui egli usava scrivendo, era qual suol essere de’ migliori scrittori. Io, die1 egli (l. 7, ep. 17), non cerco già di esser lodato da chi mi ascolta, ma di chi mi legge. Perciò non vi ha maniera di correggere e di emendare, di’ io non usi. E primieramente rivedo da me stesso le cose che ho scritte; quindi le leggo a due, o a tre; poscia le comunico ad altri, perchè vi facciano le lor riflessioni: e se in queste trovo cose di cui mi rimanga dubbioso, ne tratto con uno, o più altri; finalmente le recito a molti, e credimi che allora singolarmente le correggo con ogni attenzione. Nelle sue Lettere egli poi continuamente esorta e stimola altri allo studio , insegna il metodo con cui coltivare le lettere, ne propone gli onori e i vantaggi , usa in somma di ogni più efficace maniera per risvegliare in tutti xv. Suo impegno nel coltivar«* r nel ptUIIlUOV ere gli studf