Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/269

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a3 2 libuo finiti, in cui nulla rimane a desiderare di arte, ma assai poco vedesi di natura. Non vi ha oggetto più bello di quello eli ei rappresenta, ma spesso non è quello l oggetto che dee rappresentarsi , ec. Veggasi il rimanente di questo esame, e del confronto che ei fa di Tacito con Sallustio, che parmi degnissimo d’esser letto. Le traduzioni che in tutte le lingue ne sono state fatte, hanno accresciuta assai la fama di Tacito, e fra le italiane è celebre quella del Davanzati, che in essa volle mostrare non essere la nostra lingua in precisione e in forza punto inferiore alla latina. Egli certo è riuscito a racchiudere in uguale spazio l’originale e la traduzione; ma se questa sia tale che possa esser proposta come modello in cui scrivere italianamente le istorie, io non ardisco deciderlo. Ben mi pare che se avessimo qualche storia scritta in uno stil somigliante, ella da assai pochi sarebbe letta. Ma tornando a Tacito , conchiuderò dicendo col P. Rapin (Reflex, sur l /Ust. § 28) che tante cose in bene ugualmente che in male si possono intorno a lui dire, che non si finirebbe mai di parlarne (f). (■}■) Si era già cominciala la slampa di questo mio secondo tomo, quando mi è giurila la nuova e magnifica edizione di Tacito, che di molli anni addietro ci avea fatto sperare il l\ ’’■abriello Brotiev della Compagnia di Gesù, e che ora finalmente è uscita alla luce, lo non credo che alcuno a questa edizione vorrà contendere il primo vanto sopra le altre più antiche. Il diligente confronto dei t< sto con molli codici manoscritti, le copiose ed erudite note, e le belle