Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/288

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jjlie Nerone vietati avea i filosofici studj, perchè credeva che con tale pretesto si studiassero e si esercitassero lei arti magiche, e perciò molti illustri filosofi erano stati imprigionati, e molti altri eransi per timore dileguati da Roma. Ma nulla perciò atterrito Apollonio intraprese il viaggio, e già non era lungi da Roma che circa cento venti stadi, quando eccogli venire incontro un cotal Filolao, che fuggendo per timore di Nerone avvisava tutti i filosofi , in cui si avveniva, che fuggisser seco, se voleano esser salvi. Udì da lui Apollonio in quale stato eran le cose , e i compagni che lo seguivano , da tal terrore furori compresi, che di trentaquattro eli’ essi erano, otto gli rimaser fedeli, tutti gli altri se ne fuggirono. Apollonio ciò non ostante, esortando que’ pochi a prender coraggio, e ad incontrare ancora per difesa della filosofia la morte, proseguì il suo cammino, ed entrossene in Roma. Condotto innanzi al console Telesino, seppe per tal maniera guadagnarsene l’animo, che ottenne di metter il piede in tutti i tempj di Roma, e di favellarvi al popolo liberamente: il che fece Apollonio con sì felice successo, che vedeva si crescere ogni giorno il popolar fervore nel culto degl’Iddii , e farsi sempre maggiore l’affollamento ad udirlo. Ma venuto poscia a Roma un cotal Demetrio Cinico amico di Apollonio , e poco appresso cacciato in esilio da Tigellino prefetto del pretorio, perchè colf imprudenza del suo favellare avea offeso Nerone, Apollonio ancora fu preso di mira dal medesimo Tigellino , e si cominciò ad osservare attentamente