i testamenti e i beni de’ pupilli (Tac. l. 13
Ann. c. 42). Ma poco conto è a fare delle
accuse che si veggon date a que’ tempi, in
cui i rei ugualmente che gli innocenti venivan
tratti in giudizio. Dione è il primo fra gli storici antichi che ci abbia parlato di Seneca come
di uno de’ peggiori uomini che mai vivessero.
Seneca, dic’egli (l. 61), fu accusato, come
di altri delitti, così singolarmente di adulterio con Agrippina. Perciocchè non contento
di aver commesso lo stesso delitto con Giulia,
nè fatto punto più cauto dal suo esilio, ardì
di rinnovarlo ancora con una tal donna, e
madre di un tal figlio. Nè in ciò solo, ma
quasi in ogni altra cosa ci sembrò operare in
maniera del tutto opposta alla filosofia ch’egli
insegnava. Perciocchè, mentre biasimava la tirannia, egli era istruttor d’un tiranno; inveiva
contro coloro che stavano a fianco de’ principi,
ed egli non mai partivasi dalla Corte; scherniva gli adulatori, ed egli adulava talmente
Messalina e i liberti di Claudio, che nell’isola
di Corsica un intero libro scrisse in lor lode,
cui poscia cancellò per vergogna. Riprendeva
i ricchi egli, che avea un capitale di trenta
milioni di sesterzj (ossia di settecento cinquantamila scudi romani), e condannava l’altrui
lusso egli, che avea cinquecento treppiedi di
cedro co’ piè di avorio somiglianti e uguali tra
loro, de’ quali usava alla mensa. Delle quali
cose gli altri delitti di tal natura di lui commessi si possono intendere facilmente, ec. Così
continua Dione ad accennare altri infami doliti i di Seneca, ch’io stimo meglio di passare