Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/307

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2 JO LIBRO sotto silenzio. Ma Dione, dicono i difensori di Seneca, è uno storico prevenuto contro di questo illustre filosofo, e che usa ogni mezzo per oscurarne la fama. Io nol niego, e perciò dell’autorità di Dione non farò alcun uso, e ad esaminare il carattere di Seneca non mi varrò che di Tacito, a cui non si può certo rimproverare un animo a lui avverso, come è manifesto dalla maniera con cui ne narra la morte; e più ancora varrommi delle opere stesse di Seneca , a cui in questa parte niuno, io credo, negherà fede. XII. E per ciò che appartiene a’ delitti commessi da Seneca con Agrippina e con Giulia , non vi è certo argomento che basti a provarnelo reo. Ma non è ugualmente facile il discolparlo di avere avuto parte nel più orrendo misfatto del crudele Nerone, cioè nell’uccision di Agrippina sua madre. Dione apertamente dice che a ciò fare fu esortato da Seneca (l. 61); ma non si creda a Dione. Tacito stesso racconta (l. 14 Ann. c. 7) che Nerone avendo su ciò richiesto del lor parere Seneca e Burro, quegli che fin allora era stato il più pronto nel consigliare, si volse tacendo a Burro, come se gli chiedesse se dovesse comandarsi a’ soldati di ucciderla; e poichè Nerone ebbe dato il fatale comando , Seneca non disse motto a distoglierlo da si barbaro attentato. Nè pago di avere col suo silenzio almeno approvato un sì nero delitto, scrisse in nome di Nerone una lettera al senato, in cui per giustificarne la morte si rimproveravano ad Agrippina i più gravi misfatti, e a lei singolarmente si