attribuivano tutti i disordini dell’impero di
Claudio , conchiudendo che la buona sorte della
repubblica aveala tratta a morte (ib. c. 11).
Che Seneca fosse l’autore di questa lettera,
non solo Tacito , ma Quintiliano ancora affermalo chiaramente (l. 8, c. 5). Or questo proceder di Seneca non ci offre, per vero dire,
una troppo vantaggiosa idea del suo carattere,
Egli che della gratitudine a’ beneficj scrisse
sette libri pregiati assai, dovea egli così bruttamente dimenticare che ad Agrippina era debitore e del richiamo dall’esilio, e della dignità
di pretore, e degli onori di cui godeva in Corte,
e delle ricchezze perciò radunate? Egli, censor
sì severo de’ delitti altrui , dovea egli approvare
e difendere un parricidio? Innoltre io crederò,
se così si vuole, che Dione sia calunniatole,
allorquando racconta (l. cit.) che mentre Nerone
indegnamente prostituendo l’imperial dignità
saliva sulle scene, Burro e Seneca gli stessero
al fianco, gli suggerissero ciò che dovea cantare , e poscia battendo le mani e scuotendo
le vesti esortassero il popolo a fargli plauso.
Ma come discolpar Seneca dalla più vile e sordida adulazione che ne’ suoi libri egli ha usata
sì spesso? Leggasi la Consolazione da lui scritta,
mentre era rilegato in Corsica, a Polibio, uno
dei liberti di Claudio, che per morte avea perduto un fratello, e veggasi come parla di Claudio non altrimenti che di un dio dal ciel disceso a salvamento di Roma , come ne esalta
la maravigliosa clemenza, come in somma ne
forma un tal panegirico, che del più saggio ,
del più valoroso, del più giusto principe non