ogni studio, ma fornito nondimeno di acuto
ingegno, soleva dire che Seneca altro non faceva che ammassare sentenze, e che era come
un’arena senza calce (Svet. in Calig. c. 53). Ma
nondimeno ei piaceva, come dice Quintiliano,
appunto pe’ suoi vizj medesimi, e questi ebbero allora, ed hanno poscia anche in altri
tempi avuto, ed hanno forse ancora al presente in qualche parte d’Europa non pochi
imitatori. Ma di Seneca basti fin qui, la serie
delle cui opere e i titoli di alcune di esse che
si sono smarrite, si potranno vedere presso il
Fabricio (Bibl. lat. l. 2, c. 9) e presso Niccolò
Antonio (Bibl. vet. hisp. l. 1, c. 7, 8), il quale
di tutto ciò ancora che appartiene a Seneca,
diligentemente ha trattato. Veggasi inoltre il
Bruckero, che della vita, de’ costumi, de’ sentimenti di Seneca parla coll’usata sua erudizione ed esattezza (t. 2, p. 545, ec.). E intorno
allo stile di Seneca son degne singolarmente
d’esser lette le osservazioni di M. Jortin inserite nel Giornale britannico, che i difetti e i
pregi tutti rilevane con giusto esame (l. 17-/2 81).
XVIII. Assai diverso fu il carattere e il tenor della vita di Caio Plinio Secondo, detto
il Vecchio a distinzione del giovane di lui nipote, di cui già abbiamo parlato. La Storia
Naturale da lui descritta, fa che a questo più
che a qualunque altro luogo si debba di lui
parlare. Non abbiamo ad affaticarci molto nel
rinvenire le notizie che a lui appartengono,
poichè Plinio il Giovane ne ha parlato assai.
Il punto più difficile a trattarsi si è, s ei fosse
veronese, o comasco. Queste due città già da