Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/319

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a82 LIBRO gran tempo son tra loro in contesa, e ognuna pretende di aver tali ragioni a cui l’altra non possa opporne le uguali. Noi ci siam già protestali più volte di non voler entrare in somiglianti quistioni, poichè il trattarne, e molto più il deciderne, è cosa molto pericolosa al pari che inutile. I Veronesi allegano in lor favore l’autorità dello stesso Plinio che nella prefazione alla sua Storia parlando di Catullo il chiama conterraneum meum. I Comaschi allegano l’autorità di Svetonio, il quale nella breve Vita che ne scrisse, il dice comasco. Ma i Comaschi rispondono a’ Veronesi, che la parola conterraneo può avere più ampio senso, e che inoltre in altri codici leggesi congerronem, o congerraneum) e i Veronesi rispondono a’ Comaschi, che quella Vita non è già di Svetonio, ma di altro assai posteriore scrittore, e che la parola novocomensis in altri codici non si legge. I Comaschi allegano ancora l’autorità della Cronaca Eusebiana, nella quale a’ tempi di Traiano si fa menzione di Plinio con queste parole: Plinius Secundus novocomensis orator et historicus insignis habetur, cujus plurima ingenii moni menta extant. Periit dum invisit Vesuvium. Ma i Veronesi rispondono che qui si parla di Plinio il Giovane, che visse in fatti sotto Traiano, e che per errore a lui si attribuisce la morte che incontrò il vecchio; e anzi quelle parole, periit dum invisit Z7"esuvium, ne’ migliori codici e nelle più pregiate edizioni non si trovano (V. Vallarsii not. ad Chron. Euseb.). Così quegli argomenti che da una parte si considerano come i più