Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/360

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parlicolar notizia ci è rimasta intorno alla sua vita, agli impieghi da lui sostenuti, e al tempo della sua morte. Se ei fosse medico di professione , si è dubitato da alcuni, e parmi che il più forte argomento a negarlo sia quello che traesi dall’autorità di Plinio da noi altrove allegata (V. t. 1, p. 325), ove egli afferma’ che i Romani non si erano ancor degnati di esercitare quest’arte. Ma forse Plinio parla solamente de’ veri Romani, e non di que’ che vi eran venuti altronde, o che aveano per privilegio il diritto della cittadinanza, e Celso era forse un di questi, nato in altra città d’Italia, e trasferitosi a Roma) ovvero Plinio intende sol di affermare che ordinariamente i Romani non professavano la medicina, benchè alcuni pochi si allontanassero in questo dall’universale costume. Certo il eh. Morgagni da varj passi di Celso mostra chiaramente (ep. 4 in Cels.) ch’egli parla in modo che non converrebbe a chi non fosse medico di professione. Egli è vero però , che Celso non si ristrinse alla medicina, ma presso che ogni genere di scienza coltivò felicemente. Quintiliano ne parla spesso con molta lode, e dice ch’egli assai diligentemente scrisse precetti di eloquenza (l. 3 Instit orat. c. 1) (di che altrove ragioneremo), benchè il riprenda di troppo amore di novità in quest’arte (l. 9, c. 1): rammenta ancora alcuni libri filosofici da lui scritti con chiarezza e con eleganza, nei quali egli avea seguite le opinioni degli Sceptici (l. 10, c. 1). Che se egli in altro luogo il chiama uomo di mediocre ingegno (l. 12, c. 11), pare che ciò sia indirizzalo a