Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/366

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e quindi dice qual fosse intorno a’ polsi il sentimento di questo scrittore. Che hanno dunque a fare con ciò i libri su gli occhi? Maggior fondamento si può fare sull’autorità di Aezio j perciocchè egli veramente recita (Op. medici l. 7) molte sentenze di Demostene intorno alle malattie degli occhi5 dal che si raccoglie ch’egli avea scritto su questo argomento- ma Aezio non dice quanti libri ne avesse scritto. Un altro leggiadro equivoco ha preso nel favellar di Demostene l’ab. Longchamps. I Maurini citano, come si è detto, l’autorità di Aezio nativo di Amida; ee’egli fedelmente traduce: negli scritti di Aezio e di Amida.

Capo VII.

Giurisprudenza.

I. Se vi fu secolo alcuno in cui la giurisprudenza dovesse essere abbandonata e negletta, esso fu certamente quello di cui ora parliamo. Abbiam veduto in quale stima e, dirò ancora, in quale venerazione fossero ai tempi della repubblica i giureconsulti. Le lor risposte erano oracoli, e dal lor parere dipendevano in gran parte i pubblici e i privati giudicii. Ma poichè quasi tutta l’autorità fu ridotta au’un solo, e la decision delle cause cominciò a dipendere più dal volere, e spesso ancora dal capriccio de’ Cesari, che dalle leggi, non è maraviglia che lo studio di esse venisse a illanguidire. Sotto l’imperio di un Tiberio, di un Caligola, di un Claudio,