Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/369

Da Wikisource.

33 2 LIBRO ragione ebbe i nomi di Proculeiana e di Pegasiana. De’ diversi principj di (queste sette molte e diverse cose hanno scritto gli storici della romana giurisprudenza; ma, come osserva il dotto avvocato Terrasson (l. cit.), pare che la loro diversità a questo si riducesse, che Capitone voleva che le leggi spiegate fossero ed eseguite secondo il letteral senso ch’esse ci offrono; Labeone al contrario voleva che anzi se ne considerasse lo spirito e il fine, e che questo servisse a moderarne, ove fosse bisogno, il rigor litterale. Ciò non ostante, benchè Capitone sembrasse un severo giureconsulto, sapeva nondimeno egli ancora adattarsi a’ tempi, e più che ad uom retto non si convenga, come egli diede a vedere nell’a dui a tri ce risposta data a Tiberio, e da noi rammentata nel capo I di questo libro (V.p. 40). Ma più vilmente ancora, e con maggior suo disonore, diede egli a vedere la sua bassezza d’animo, quando essendo accusato Ennio cavalier romano, perchè avesse in usi domestici convertito I’ argento di una statua di Tiberio, e non volendo questi che di ciò si facesse giudizio, Capitone prese ad esclamare in senato che non doveasi passare impunito sì gran delitto; e che se T.berio voleva essere indifferente alle ingiurie a lui fatte, nol fosse almeno a quelle fatte alla repubblica; dal che, dice Tacito (l. 3 Ann. c. rjn)t gliene venne infamia grandissima, perchè egli, uomo nel divino e nel civile diritto sì ben versato , avesse per sì indegna maniera oltraggiato e il pubblico decoro e i suol proprii pr, gì. Con questi vergognosi artificj era egli alcuni