Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/373

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336 LIBRO famiglia Cassia celebre ancora fra quelle na~ zioni (l. 12 Ann. c. 12). Egli narra ancora. (l. 16, c. 7, ec.) ciò che Pomponio accenna sol brevemente, come fosse da Nerone mandato in esilio. Un uomo di sì grande virtù dovea essere oggetto troppo spiacevole a un tal mostro. Cominciò egli dunque a vietargli l’intervenire all’esequie di Poppea; il che, dice Tacito, fu il principio di sue sventure che non indugiarono molto ad opprimerlo. Il gran delitto che vennegli apposto, fu che tra le immagini de’ suoi antenati serbava ancora quella di Cassio uccisor di Cesare; e questo bastò, perchè ei fosse rilegato nell’isola di Sardegna. Svetonio dice ch’ei fu ucciso (in Ner. c.37), e alcuni pensano che ciò accennisi ancora da Giovenale (sat. 10, v. 16). Ma questi veramente altro non dice se non che Nerone ne occupò la casa e i beni; e pare che a Tacito debbasi maggior fede che non a Svetonio; molto più che Pomponio, come si e’ detto, racconta che fu poscia richiamato da Vespasiano. Sì grande fama di lui rimase, che la setta da lui seguita fu dal nome di esso detta ancora Cassiana, e Plinio il Giovane perciò il dice principe e padre della scuola Cassiana (l. 7, ep. 24). Molte opere avea anche egli composte, che tutte sono perite. Mentre Cassio sosteneva in tal maniera l’onore della setta da Capitone istituita, quella ancora di Labeone aveva i suoi illustri seguaci. A Nerva, dice Pomponio, sottentrò Procolo; a questo tempo ancora fu un altro Nerva figlio del primo; ebbevi ancora un altro Longino di ordine equestre, che giunse fino alla pretura;