Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/409

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3^2 LIBRO appartenga a’ tempi di questo imperadore. Finalmente abbiamo un’iscrizione di uno il cui nome è smarrito, ma che dicesi procurator di Adriano in molte provincie dell’Asia, e insieme Proc. Bibliothecar. Graec. et Latin. (ib. t. 1, p. 653; t. 2, p. 706). VIII. Colla munificenza degli imperadori nelF aprire pubbliche biblioteche, gareggiò il lusso de’ privati nel formarle entro le domestiche mura. Io non penso che alcuno desideri ch’io qui annoveri tutti quelli che aveano biblioteche nelle proprie lor case. Basti l’accennarne alcuni pochi per saggio. Una picciola biblioteca di settecento libri avea il poeta Persio, cui egli morendo lasciò al suo amicissimo filosofo Anneo Cornuto (Svet in ejus Vita). Avea pure la sua Giulio Marziale mentovata dal poeta dello stesso nome (l. 7, epigr. 26); la sua il poeta Silio Italico, come narra Plinio il Giovane (l. 3, ep. 7) il quale ancor fa menzione di quella di Erennio Severo (l. 4, ep. 28). Ma celebre singolarmente fu quella del gramatico Epafrodito nativo di Cherona, che visse in Roma da’ tempi di Nerone fino a’ que’ di Nerva; perciocchè egli, benchè schiavo, seguendo l’esempio di Tirannione di cui si è parlato nel primo volume, raccolse, se dobbiam credere a Suida (in Lex.), una biblioteca di trenta mila volumi scelti e rari. Potrebbe parer qui luogo opportuno a ragionar della biblioteca che Plinio il Giovane aprì in Como a beneficio de’ suoi concittadini; ma ci riserberemo a parlarne nel terzo libro, ove raccoglieremo tutto ciò che appartiene, per così dire, alla letteratura provinciale d’Italia