Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/43

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6 dissertazione

in uno Stato o in una città in cui il vizio signoreggi liberamente, e gli uomini non abbiano per lo più altro pensiero che di secondare le ree loro inclinazioni, egli è difficile che si coltivin generalmente le scienze, quelle singolarmente che son più gravi e seriose. E questa è appunto la ragione che del misero stato in cui eran le scienze a’ suoi tempi, arreca il famoso Longino nel suo trattato del Sublime 1 (cap. 35). Il desiderio delle ricchezze, egli dice, I da cui noi siamo all’eccesso compresi, e 1 amor del piacere, son quelli che veramente ci | rendono schiavi, e, per meglio dire, ci trascinano al precipizio in cui tutti i nostri talenti sono come sepolti. Ma se porremo a diligente confronto la storia della letteratura colla storia de’ costumi, noi troverem certo che in una uguale costumatezza, o in una ugual corruttela diverso è stato il coltivamento degli studj. Egli è certo che il libertinaggio non fu mai forse portato a più sfacciata impudenza che al regno di Tiberio, di Caligola e di Nerone; quando ognuno riputava lecito e, direi quasi, glorioso seguire gli esempj che que’ brutali uomini lor davano pubblicamente; e nondimeno, come sii è detto di sopra, furono a’ que’ tempi le lettere più coltivate che sotto altri più severi e più costumati imperadori che venner dopo. Di- , rem noi forse che gl’Italiani fossero più scc sfumati nel decimosettimo che nel decimosesto secolo, o che orai siano più costumati che nel secolo scorso? E nondimeno può egli lo scorso secolo essere in letteratura paragonato al decimosesto secolo, o alpre-f presente? Innoltre quanti uomini vi sono stati nel