Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/492

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SECONDO 455 gestri ch’egli ebbe, annovera ancor Tiziano che così si legge nell’edizioni di questo autore, invece di Tiziano, come è evidente doversi leggere): Usus est... oratore Titiano filio Titiani senioris, qui Provinciarum libros pulcherrimos scripsit, et qui dictus est simia temporis sui, quod cuncta imitatus esset (ib.). Vi ebber dunque a questa epoca due Tiziani, padre e figlio, e questi fu il maestro di Massi mino. Ma ciò che poi si soggiunge: qui Provinciarum libros, ec. a chi de’ due appartiene, al padre, o al figlio? Le parole non sono abbastanza chiare, perchè esse bastino a determinarne il senso. I Maurini, autori della Storia Letteraria di Francia, osservano (t. 1, part. 2, p. 401) che secondo la costruzione ordinaria esse dovrebbono intendersi del padre, ma che lo scopo di Capitolino essendo di parlare del figlio, a lui si deve attribuire ciò ch’ei ne dice; e quindi di Tiziano il figlio essi voglion che siano tutte le opere che ad un Tiziano si veggono attribuite dagli antichi autori, e aggiungono che tale è il sentimento di Elia Vineto e del P. Sirmondo. Io non ho potuto vedere i comenti di Vineto sulle opere di Ausonio, in cui egli parla di Tiziano; ma il P. Sirmondo è certamente di contrario parere, perciocchè ove Sidonio nomina le Lettere di Tiziano, egli comenta (ad Sidon. ep. 1, l. 1) Titianus senior pater Titiani alterius, quo magistro usus est filius Maximini Aug.; e siegue annoverando le altre opere da lui composte, e singolarmente i libri delle Provincie. Tale è ancora il sentimento d’Isacco Casaubono (in noi. cui