Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/504

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SECONDO 467 c diversi sono su ciò i pareri degli eruditi. Io credo di doverlo porre a questi tempi, poichè lo stile di cui egli usa, non parmi convenire a’ secoli posteriori. Non tutto però questo libro, ma una parte sola ce n’è pervenuta. IVr. Gli ultimi storici di questa età vissuti a un dipresso al tempo medesimo , e esercitatisi nel medesimo argomento, sono gli scrittori della Storia Augusta. Con questo nome si chiama una raccolta di Vite degl’imperadori, cominciando da Adriano fino a Carino e a Numeriano, scritte da diversi autori, ma tutte nel medesimo stile incolto comunemente e senza ornamento, e eleganza di sorte alcuna; talchè trattene le notizie che vi si contengono, ed esse ancora non sempre esatte, e spesso disordinate e confuse, non trovasi in esse cosa che le renda pregevoli. Degli autori stessi poco più sappiamo che i nomi e l’età a cui vissero. Essi sono Elio Sparziano, Giulio Capitolino, Elio Lampridio, Vulcazio Gallicano, Trebellio Pollione e Flavio Vopisco di patria siracusano, che è il meno incolto di tutti gli altri. Anzi alcuni sospettano che quattro soli debbansi riconoscere autori di queste Vite. Perciocchè di Vulcazio Galicano, dicono essi, non abbiam che la Vita di Avi dio Cassio che usurpossi il trono per qualche tempo, regnando M. Aurelio. Or questa Vita in altri codici si attribuisce a Sparziano, e molte ragioni sembrano render probabile questa opinione. Innoltre Elio Lampridio credesi da alcuni che non sia diverso da Sparziano, il cui nome voglion che fosse Elio Lampridio Sparziano; e recano