Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/563

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V. Nella Sicilia ani ora rotili ■ iinano a fiorire gli studi. 5aG. libro presso il Gmtero (t. 2, p. 4/5)- Veggansi ancora le Antichità di Benevento dell1 eruditissimo canonico Giovanni di Vita, in cui egli mostra (diss. 8, p. 219) esservi stati fin da’ più antichi tempi in questa città pubbliche scuole, e fervore nel coltivare gli studj. E certo non solo i frequenti viaggi, ma il villeggiare che i Romani facevano in queste provincie, molto dovea concorrere a mantenervi quell1 amor degli studj e delle bell’arti, onde fin dai tempi più antichi erano esse state famose. Fin a (quanto durasser le cose in sì lieto stato, non si può accertare; ma egli è probabile che quelle medesime turbolenze che a poco a poco estinsero in Roma l’ardore con cui si coltivavan gli studi, producesser nelle provincie ancora lo stesso funesto effetto. V. Anche la Sicilia non avea cessato di amar quegli studj che anticamente sì celebre l’avean renduta. Non vi erano più nè gli Stesicori, nè i Teocriti, nè i Moschi; ma ciò non ostante la poesia non doveva esserne stata ancora cacciata in bando, poichè sappiamo che vi erano più teatri, come in Palermo, secondo che da un’antica iscrizione raccoglie e pruova Agostino Inveges (Ann. Panormit. aera 3, § 29), in Siracusa, il cui teatro rammentasi da Cicerone colf aggiunto di Massimo (l. 4 in Vc.rr. n. 53), e in altre città di quell’isola, di che si posson vedere i recenti siciliani scrittori che le antichità della lor patria hanno in questi ultimi anni ricercate e illustrate con diligenza non meno che con erudizion singolare. Il lungo soggiorno che fece Porfirio, come abbiamo altrove