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TERZO 53I
dell’affare caldamente ti prego, che tra ’1 numero degli eruditi i quali per ammirare il tuo
ingegno vengono a visitarti, osservi diligentemente chi sian coloro a cui possiamo ricorrere
per questo impiego; a tal patto però eh’io non
dia parola ad alcuno. Tutto debb’essere in mano
de’ genitori. Essi giudichino; scelgano essi; io
mi riserbo soltanto il pensiero di questo affare
e la spesa. Se alcun dunque si troverà che si
fidi del suo sapere, ei vada a Como, a condizione però ch’ei non porti seco altra sicurezza di essere trascelto a maestro, se non la
fiducia che ha nel suo proprio ingegno. Qual
esito avesse questo generoso e prudente consiglio dell’ottimo Plinio, noi nol sappiamo; ma
egli era troppo amante della sua patria per
credere che nol conducesse ad effetto. Forse
a questo fine medesimo fu indirizzata una liberal donazione che ad essa egli fece, come egli
stesso racconta (l. 7, ep. 18). Avea egli promesso
cinquecento mila sesterzi ossia dodici mila cinquecento scudi romani pel mantenimento di fanciulli e di fanciulle ingenue, ma ridotte a povero stato. E perchè egli temeva che se data
avesse la somma intera, questa non venisse
dissipata e dispersa, ei donò al pubblico un
suo podere di assai maggior valore; e poscia
il prese egli stesso a pigione, obbligandosi a
pagare ogni anno al pubblico stesso trenta mila
sesterzi ossia settecento cinquanta scudi romani. Il qual denaro, come abbiamo accennato, essendo indirizzato al mantenimento di
fanciulli e di fanciulle, era forse destinato insieme allo stipendio de’ pubblici professori.