Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/583

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546 LIBILO libri degli autori idolatri: e molte cose appartenenti all’antica filosofia in vano cercheremmo altrove che negli scritti di Clemente Alessandrino, di Tertulliano, di Origene, di Lattanzio , di Eusebio di Cesarea, e di altri autori cristiani che su’ libri degl’idolatri avevan fatto continuo e diligente studio per confutarli. Egli è ben vero che abbiamo un canone di un antico concilio, in cui a’ vescovi si divieta il leggere i libri degli scrittori gentili (Conc. Cartagin. 4, c. 16)5 ma questo è un divieto fatto a’ vescovi solamente, de’ quali la principale sollecitudine debb’esser rivolta a’ vantaggi del loro gregge. Così pure noi veggiam S. Girolamo lagnarsi amaramente che alcuni sacerdoti, lasciati in disparte gli Evangelj e i Profeti, leggevano commedie, cantavano egloghe amatorie e tenevano nelle mani Virgilio (ep. 21 edit. veron.). Ma egli è evidente che solo un soverchio abuso ei vuole riprendere a questo luogo; perciocchè egli stesso nomina altrove molti autori profani de’ quali solea valersi. E se talvolta, egli dice, noi siam costretti a ricordarci dei secolareschi studj che abbiamo abbandonati, non è già di nostro volere, ma direi quasi di sola necessità, affin di mostrare che le cose da’ profeti predette molti secoli addietro trovansi ancor ne’ libri de’ Greci e de’ Latini e di altre nazioni (Prol. in Daniel.). Dal qual passo e da altri somiglianti che si potrebbon recare, raccogliesi chiaramente che non vietavasi già a’ Cristiani la lettura de’ profani scrittori, ma si voleva ch’ella fosse fatta a fin di convincerne gli errori, e di stabilire e confermare la verità della