addietro, perchè se alcuno ci volesse richiamare
a que’ tempi in cui ci si vorrebbe far credere
che gli uomini eran tutti giganti, o all’età precedenti al diluvio, in cui si campava sì lungamente, noi cogli scrittori più saggi rigetterem
tra le favole ciò che si narra de’ primi; e
quanto a’ secondi rifletteremo solo (che al nostro intento ciò basta) che noi parliamo dei
tempi in cui furon coltivate le scienze, e perciò posteriori di molto al diluvio. E se dicesi
con ragione che più languide sono ora le complessioni e più spossate di prima, egli è evidente che alla educazione ciò devesi attribuire,
e non alla natura; perciocchè tal languidezza
già non si vede ove l’educazione è ancor virile, e, per così dire, spartana. È ella dunque
solo nelle persone agiate indebolita la natura;
e alla campagna e sui monti si è ella ancor
conservata forte e robusta come prima? Ovvero
diremo noi forse che la natura fosse spossata
per dieci secoli in circa, quanti furono barbari
e quasi di ogni letteratura nimici; e che poi
improvvisamente invece di indebolirsi sempre
più, siasi essa rinforzata e rinvigorita per produrre i sublimi genj che in questi ultimi secoli
ci sono nati?
XVI. Ma non è tanto all’indebolimento della
natura, quanto alla varietà che il clima soffre
in diversi tempi ne’ paesi medesimi, che da
alcuni, e singolarmente dall’ab. du Bos, si attribuiscono le vicende della letteratura. Noi veggiam pure, egli dice, che un albero stesso or
è più abbondante, or più scarso di frutta; che
uno stesso terreno non ha sempre la stessa