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QUARTO 579
filosofi pretendevano di godere de’ privilegi lor
conceduti, egli comandò che trattine quelli che
con diligente esame fossero riconosciuti degni
di cotal nome, gli altri se ne tornassero alle
lor case, perciocché, die’ egli (Cod. Justin.
lib. 10, tit. 52, lex 8), ella è cosa indegna che
chi si vanta di sostenere i colpi ancora della
fortuna, non voglia poi ancora sostenere gl’impieghi della sua patria. Vedremo altrove le prudentissime leggi ch’egli prescrisse a’ medici,
perchè essi esercitassero l’arte loro in quella
maniera che al vantaggio pubblico è necessaria.
Tutte le quali leggi ci fan conoscere chiaramente
quanto fosse Valentiniano sollecito perchè fiorisser le scienze, e perchè i loro coltivatori godessero di quegli agi che più dolce rendono
il coltivarle. Abbiamo ancora una legge di Valentiniano e di Valente dell’anno 372, in cui
alcuni opportuni provvedimenti si danno per
la pubblica biblioteca; ma, come chiaramente
dimostra il Gotofredo nelle note al Codice teodosiano (ad l. 14, tit. 9, lex 2), essa non appartiene che alla città di Costantinopoli, e non
deesi perciò attribuire che al solo Valente.
XII. Ciò non ostante Ammian Marcellino parlando dello stato a cui in questi tempi era
Roma (l. 28, c. 4), ce ne fa una tetra e orribile dipintura, e ce la rappresenta come sepolta in tutti i più infami vizj; e per ispiegare
a qual segno fosse arrivata insieme col libertinaggio ancor l’ignoranza, dice che alcuni,
odiando quasi veleno il sapere, non curavansi
di leggere altri libri fuorchè il satirico Giovenale e lo storico Mario Massimo, di cui nel