Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/628

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QUARTO 5l)l storici quasi tutti nondimeno insieme con molte virtù riconoscono in lui molti vizj. Poco tempo però egli ebbe a dar saggio di se medesimo; poichè dopo un breve impero di poco oltre ad un anno, Ricimero da lui mandato contro de’ Vandali, tornandone vincitore, se gli rivolse contro, e costrettolo a deporre la porpora, per timore che non la ripigliasse, il fè ordinar vescovo di Piacenza. Ma Avito amando meglio di vivere tranquillamente, postosi perciò in viaggio verso la sua patria, morì prima di giungervi. XX. D’allora in poi Ricimero fu l’arbitro, per così dire, del diadema imperiale, senza però ch’egli giammai si curasse di ornarsene il capo, o perchè fosse allora così avvilita la dignità del trono, che non sembrasse oggetto a bramarsi, o perchè gli paresse cosa più gloriosa il farvi ascendere o discenderne chi più gli piacesse, che il salirvi egli stesso. Dopo la morte di Avito passarono parecchi mesi senza che si nominasse alcun imperador d’Occidente. All’ultimo fu sollevato al trono Maggioriano generale dell’armate, di cui tutti gli scrittori di questi tempi commendano sommamente la prudenza , il coraggio, l’affabilità, la modestia e tutte le più belle virtù degne di un monarca. In lode ancora di lui scrisse Sidonio un panegirico in versi (Carm. 5), e innanzi ad esso recitollo in Lione; e ne parla ancora più volte, e cel rappresenta come ottimo principe e amante della letteratura (l. 1, ep. 11). Le belle doti di Maggioriano, e le vittorie che contro de’ Barbari aVea già egli riportate felicemente, davano