Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/644

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quarto 007 grazia non ordinaria. La perizia ch’egli avea della lingua greca, gli agevolò il valersi delle opere de’ Padri di quella nazione, e singolarmente di Origene, da cui però con saggio discernimento ei non trasse se non ciò che era conforme a’ dogmi della cattolica religione. È sembrato ad alcuni che S. Girolamo parlasse di lui talvolta con qualche disprezzo; ma è a leggere la bella apologia che su ciò ne ha fatta il dottissimo ed esattissimo P. Giovanni Stiltingo (Acta SS. sept. t. 8). X. Noi dovremmo qui far menzione di molti ancora tra’ romani pontefici che ci lasciarono 1 monumenti del lor sapere; ma per amore di brevità in un argomento che non ha bisogno di essere illustrato, ci basti l’accennar qualche cosa di due tra essi più celebri, cioè di S. Damaso e di S. Leone il Grande. S. Damaso da tutti comunemente gli autori vien detto spagnuolo. Ma il Tillemont fa veder chiaramente (Mem pour l’Hist. eccl. in Dam. art. 1, note. 1) che il padre di lui visse in Roma la più parte de’ giorni suoi, e che non si può in alcun modo dubitare che S. Damaso e Irene sua sorella ivi pur non nascessero. Ciò non ostante l’erud canonico Francesco Perez con una lunga e dotta dissertazione pubblicata in Roma l’anno 1 "56 ha preso a ribattere gli argomenti del Tillemont, e a mostrare che S. Damaso fu veramente spagnuolo. Io non voglio entrar in ciò a contesa; e per far qui menzione di questo S. pontefice, a me basta che ei passasse in Italia almen la più parte della sua vita, il che Ha