Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/659

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622 UBHO credeva di far cosa grata ad Ausonio dandogliene avviso, ma non fa motto nè della patria di Palladio, nè degli studj da lui fatti sotto la direzione dello stesso Ausonio. Anzi conchiude dicendo: Queste cose io ho giudicato di non doverti tacere, perchè non vi ha cosa di’ io pregi più della tua amicizia, e perchè io mi compiaccio del conto in cui ti degni di avermi. Se Palladio fosse stato discepolo di Ausonio, non dovea egli Simmaco farne espressa menzione? Checchè sia di ciò, questa orazione fu probabilmente da Palladio recitata nell’entrar ch’egli fece alla cattedra d’eloquenza. Ma non pare che molto tempo ei la tenesse, levatone per sollevarlo a più grandi onori. Tale sembra che sia il senso di queste parole di Simmaco (l. 3, ep. 50): Meus Palladius.... quem ego non minus doleo abductum a juventute romana, quam gratulor in spem sui honoris accitum. Qual fosse la carica di cui fu onorato Palladio, non è possibile determinarlo; poichè a questi tempi medesimi troviam molti di questo nome in ragguardevoli impieghi; e nel solo anno 382 tre ve ne avea, uno prefetto d’Egitto, un altro maestro degli ufficj, il terzo governatore dell’Osroena (V. Tillem. Hist. des Emper. t. 5, noi. i o sur Theodose). Sembra però eli’ ei fosse in qualche carica militare, poichè abbiamo una lettera dello stesso Simmaco, in cui gli raccomanda un cotal Benedetto che era stato privato del posto che avea nella milizia, acciocchè sia in esso ristabilito (l. 9, ep. 1). La memoria di Palladio mantennesi viva per lungo tempo, e Sidonio Apollinare ne fa menzione tra