Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/661

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IX. Scrii tori «li ¡Mtirgiriri

  • di precetti

reiterici. 6a4 LIBRO nelle quali con lui si rallegra del sommo applauso che colla sua eloquenza riscuoteva in Roma, ma insieme il prega a non lasciarsene adescare per modo che vi fissi la sua dimora, ma anzi affretti il suo ritorno alla patria. Ma cristiano era certamente un-certo Magno, a cui lo stesso Girolamo scrivendo (Ep. 70 ed. Veron.) il chiama romano oratore, e lo riprende perchè tutto occupato nella lettura di Tullio trasandasse lo studio della Sacra Scrittura. A S. Girolamo pure dobbiam la notizia di un certo Gennadio cui egli chiama (Chron. ad an. 357) oratore insigne in Roma ai tempi di Costanzo. IX. Niuno de’ retori e degli oratori che finora abbiam nominati, ci ha lasciato monumento alcuno della sua eloquenza, o se alcuno ne avea tramandato a’ posteri, esso non ci è pervenuto. Anzi ci convien confessare sinceramente che in tutto questo spazio di presso a due secoli, che in quest’epoca abbiatn compreso , non vi è monumento alcuno di profana eloquenza di cui noi Italiani possiamo a buon diritto gloriarci. I panegirici antichi, che, raccolti insieme, sono stati più volte dati alla luce insieme con quel di Plinio, sono l’unico saggio dell’arte oratoria di questi tempi che ci sia rimasto. Ma non vi ha alcuno de’ loro autori che si possa dire accertatamente italiano e la più parte d’essi furono fuor d’ogni dubbio stranieri. Galli certamente furono e Claudio Mamertino ed Eumenio, de’ quali abbiamo alcuna cosa accennata nel libro precedente. Nativo ancor delle Gallie fu Nazario autore di un Panegirico a Costantino, come dal Panegirico stesso (n. 37) raccogliesi