Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/69

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32 dissertazione

il costume non era ancor così guasto; essi si eran allora formati agli studj, e potevano agevolmente proseguirli senza che i loro piaceri ne fossero impediti; e i poeti ancor rimiravano la loro arte come mezzo a goderne più dolcemente Ma nel decorso de’ tempi il costume venne ognor peggiorando; la sfacciata impudenza di Tiberio, di Caligola, di Nerone, di Caracalla, di Eliogabalo condusse il libertinaggio di Roma al più mostruoso eccesso a cui forse arrivasse giammai. Quindi, poichè cominciò a rattepidirsi quel fervore eli’ erasi acceso ne’ bei tempi della romana letteratura, e che continuò a mantenere per alcun tempo gli studj anche in mezzo al libertinaggio, questi cominciarono ad essere abbandonati, e crescendo sempre più il vizio, ebbero sempre più pochi coltivatori. Quasi niuno tra gli imperadori de’ primi tre secoli pensò alla riformazion de’ costumi, perchè quasi niuno di essi fu uomo a darne in se stesso l’esempio; e se qualcheduno pur vi si accinse, troppo alte radici avea gittato il vizio, perchè potesse sì facilmente sradicarsi; molto più che i pochi che vi ebbero , imperadori ben costumati, ebbero la sventura di aver pessimi successori. Quindi i fanciulli assai più profittavano degli esempj de’ loro padri, che delle istruzioni de’ retori e de’ grammatici; e la dissolutezza a cui presto si abbandonavano, estingueva in loro quel qualunque buon seme di letteratura che avesser potuto ricevere; e se alcuno vi ebbe tra gl’imperadori , come alcuni veramente ve n’ebbe nel secondo secolo singolarmente^ che si studiasse