Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/70

Da Wikisource.

preliminare 33

con onori e con premj a far rifiorire le lettere , egli trovò uomini troppo ammolliti dal piacere e dal vizio , perchè si volessero soggettare a quella fatica che a coltivare gli studj è necessaria. XXIV. Le calamità de’ tempi sono esse pur dannosissime alla letteratura, singolarmente le intestine discordie e le guerre civili, quando esse durino lungo tempo. Nello spazio di circa un secolo, cioè dopo la morte di M. Aurelio seguita l’anno 180 fino al principio di Diocleziano che salì sul trono l’anno 285, vidersi circa settanta aver nome e corona d’imperadori , quasi tutti uccisi dopo breve impero o da’ soldati medesimi che gli aveano eletti, o da que’ del partito de’ loro rivali; quasi tutti crudeli nell’infierire contra coloro cui sapessero, o credessero lor nemici. Quindi ogni cosa piena di timori, di sedizioni, di stragi. Come potevano allora le lettere e le arti venir coltivate? Carlo Magno, Federigo secondo, e alcuni altri imperadori dell’età di mezzo usaron di ogni arte per richiamar la buona letteratura che da tanto tempo sembrava sbandita dalla nostra Italia. E se i tempi dopo Carlo Magno fossero stati felici, forse assai prima si sarebbe questa riscossa, e avrebbe preso a coltivare le scienze. Ma non molto dopo ebber principio le guerre civili tra l’una e l’altra città, che per più secoli furono continuate; guerre in cui non andavano già gli uomini d’arme a combattere pe’ loro concittadini, lasciando questi a vivere in riposo fra gli agi delle paterne lor case; ma guerre in cui quasi ogni cittadino Tiraboschi, Voi. II. 3