Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/709

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672 LIBRO espressioni (ib. ep. 39); e Nicia, ch’egli dice ll’ degno di essere annoverato tra’" primi filosofi c. (I. 9, ep. 38). Ma di niuno di questi noi non sappiamo che alcun monumento lasciasser a’ posteri del loro ingegno, anzi non possiam pure accertare se essi fossero romani , o almeno italiani. Ciò ch’è certo, si è che così difficilmente trovavasi a questi tempi un dotto filosofo in Roma, che spesso conveniva chiamar dalla Grecia que’ che doveano tenerne scuola come raccogliam da una lettera dello stesso Simmaco all’imperador Teodosio (l. 10, ep. 18) in cui dopo aver detto appunto che spesso faceansi venir dalla Grecia i precettori filosofi. aggiugne che un cotal Celso, di cui fa grandissimi elogi, offrivasi spontaneamente a venirsene a tal fine a Roma, e a tenervi gratuitamente scuola di filosofia. III. Tutte queste cose ci mostrano che assai pochi amatori avea allora la buona filosofia. E io penso che i più profondi indagatori delle quistioni filosofiche fossero i Santi Padri, e gli altri scrittori sacri che scrivevano in difesa della• religion cristiana. La necessità in cui erano di ribattere gli argomenti che da’ gentili filosofi lor si opponevano, li conduceva allo studio di que’ sistemi che nelle più celebri scuole allor s insegnavano, e ad investigare ancora le opinioni de’ più antichi filosofi, affine di scoprirne gli errori, le contradizioni, i sofismi, e di combattere le false massime da essi insegnate. Noi veggiamo in fatti che ne’ loro libri essi si mostrano nelle dottrine degli antichi filosofi assai versati; e molti dogmi delle varie