Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/72

Da Wikisource.

preliminare 35

Romani tanto solleciti per moltiplicarli. Le irruzioni de’ popoli barbari, le rovine, i saccheggiamenti, gV incendii a cui Roma e l’Italia tutta fu per più secoli miseramente soggetta, dovetter distruggerne e consumarne gran parte. Le guerre civili che sopravvennero dopo, distrussero ciò che si era potuto sottrarre al furore de’ Barbari. Il seguito di questa Storia ci farà vedere quale scarsezza di libri vi avesse ne’ bassi secoli; quanto si avesse a penare per aver copia de’ migliori; e come i buoni autori venissero poscia a poco a poco disotterrati o dalle polverose biblioteche di qualche antico monastero, o da’ più nascosti angoli delle case ove giacevansi da molti secoli abbandonati. Or come può essere allettato agli studj chi non abbia libri che ad essi lo invitino? o come, bramandolo ancora, può coltivarli, se un tal mezzo gli manchi non solo utile, ma necessario? In fatti allora singolarmente si accese il fervor per gli studj, quando introdotta la stampa furono in maggior copia e più agevoli a ritrovarsi i libri. XXVI. Per queste ragioni adunque e in questi maniera decadon gli studj in ciò che è fervore e moltitudine d’uomini che ad essi si volgano. Ma mal si apporrebbe chi pensasse che queste bastassero a spiegare ogni rivoluzione della letteratura. Benchè i principi non si mostrino splendidi protettori de’ letterati; benchè il costume sia guasto, infelici i tempi, scarso il numero de’ libri; pur vi ha in ogni tempo qualche numero d’uomini che si volgono con impegno agli studi, ed a cui non mancano