libri per coltivarli; ed ogni secolo, per quanto
sia stato barbaro e rozzo, ha avuti poeti, storici, filosofi ed oratori. E nondimeno questi
non sono in ogni secolo ugualmente buoni j
anzi per molti secoli non vi è quasi stato scrittore alcuno, le cui opere per forza di eloquenza, per grazia’ d’immaginazione, per eleganza
di stile, per finezza di critica degne fossero
della stima comune e della immortalità. Or questo non potrà certo attribuirsi ad alcuna delle
mentovate ragioni; ed altre convien trovarne
per rinvenire l’origine di questo nuovo genere
di decadimento, che consiste nell’allontanarsi
dal buon gusto, e nel voler battere una strada
diversa da quella che per l’addietro battevasi.
A questo luogo convien richiamare ciò che nel
tomo precedente si è da noi trattato diffusamente , ove abbiam ricercata l’origine del decadimento dell’eloquenza, che avvenne fin da’
tempi d’Augusto. Abbiamo ivi osservato che è
questo destino comune a tutte le arti che hanno
per loro primario oggetto il bello, quali sono
l’eloquenza, la poesia, la storia, in quanto è
sposizione delle cose avvenute, e le tre arti
sorelle, che quando sian giunte alla lor perfezione, dicadano di bel nuovo, e tornino a discendere onde eran salite. L’ambizione conduce
gli uomini a voler superare coloro che gli han
preceduti. Or quando uno sia giunto a quel segno in cui propriamente consiste il bello, chi
voglia ancora avanzarsi più oltre, verrà a ricader ne’ difetti i quali eran comuni a coloro
che non vi erano ancor giunti. Così abbiam
veduto che accadde nell’eloquenza dopo la