morte di Cicerone. Asinio Pollione, come si è
dimostrato, riprese l’eloquenza di Cicerone
come languida, debole ed incolta; e un nuovo
genere di eloquenza introdusse così arida e digiuna , e di uno stile sì affettato, che parve
richiamar la rozzezza de’ secoli trapassati I
due Seneca, il retore e il filosofo, gli venner
dietro, e col raffinar sempre più il ragionamento e lo stile renderono l’eloquenza sempre
peggiore. Ma essi eran uomini avuti in grande
stima, e credevasi cosa onorevole il premere
le lor vestigia. il lor gusto dunque, la maniera
lor di pensare e il loro stile divenner comuni
alla più parte degli scrittori. Lo stesso dicasi
degli storici e de’ poeti. Velleio Patercolo e
Tacito vogliono superare in forza di espressione, in precision di stile, in finezza di sentimenti Cesare, Livio e lo stesso Sallustio; e
cadon perciò in una oscurità che spesso ci fa
arrestare nel leggere i loro libri, e in un raffinamento che togliendo la naturalezza al racconto , lo rende stentato, e a lungo andare
noioso ed insoffribile. Lucano, Seneca il tragico, Marziale, Stazio, Persio e Giovenale vogliono, come chiaramente si vede da’ loro versi , andare innanzi a Virgilio, a Catullo, ad
Orazio. Or che ne avviene? Divengono declamatori importuni, verseggiatori ampollosi, tronfi
senza maestà, ingegnosi senza naturalezza. Ma
essi erano gli storici migliori e i migliori poeti
che allor vivessero; e perciò il loro esempio
fu ciecamente seguito. Quintiliano, uno degli
uomini di miglior gusto che fossero mai, usò,
come vedremo, ogni sforzo per ricondurre sul