Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/728

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quarto (ig i reggiani* che le più celebri tra esse erano la palatina e laUlpia; quella aperta da Augusto, questa da Traiano di cui portava il-nome. Ma i disastri, i saccheggiamenti, gl’incendj a cui fu Roma soggetta dopo la morte di Teodosio, dovettero esser fatali alle biblioteche romane, come da ciò che vedremo nell’epoche susseguenti sarà manifesto. II. A questo tempo ancora appartiene l’uso più ampiamente introdotto delle biblioteche ecclesiastiche ad uso singolarmente degli studj sacri. Sembra che il primo autore ed esecutore di un tal pensiero fosse S. Alessandro vescovo di Gerusalemme verso la metà del III secolo (Euseb. Hist. eccl. l. 6, c. 20), della biblioteca del quale dice Eusebio di essersi giovato assai nel compilar la sua Storia. Finchè però la Chiesa non ebbe una stabile pace, dovette riuscir difficile il formare biblioteche di tal natura. Ma poichè le persecuzioni ebbero fine, abbiamo argomenti a credere che come altrove, così in Italia ancora, ciò fosse in uso. Le Opere di S. Ambrogio, di S. Filastrio, e di altri scrittori sacri italiani di questo tempo non potevan certamente comporsi senza l’aiuto di molti libri. Quindi ciò che di S. Ambrogio conghiettura con assai forti ragioni il ch. dottor Sassi (De studiis mediol, c. 2), adducendo il sentimento ancora di altri scrittori, cioè ch’egli avesse nella sua chiesa una copiosa biblioteca , deesi credere ugualmente degli altri vescovi ancora e delle altre chiese, o almeno di quelle che tra le altre erano per autorità e per fama più ragguardevoli. E come leggiamo di