andarono ognor più decadendo, non solo scemandosi sempre più il fervore nel coltivarli, di
che già si è favellato, ma guastandosi ognor
più ancora il buon gusto e lo stile. Fatto degno d’osservazione, e di cui conviene esaminare attentamente l’origine e le cagioni. Quando
nello scorso secolo era sì infelice il gusto della
letteratura che dominava in Italia, si coltivavano nondimeno le lettere con impegno nulla
minore di quello che si fosse fatto nel secolo
precedente, come già si è detto; e le stesse
cagioni a un dipresso che aveano allora acceso
un tale ardore, proseguivano a mantenerlo vivo
ed ardente. Correvano gli uomini la via degli
studj, ma la correvano per un falso sentiero,
o perchè per amore di novità e di gloria si
erano distolti dal buon cammino, o perchè
avean preso a seguire cattive guide. Ma pur la
correvano, e solo sarebbe stato d’uopo che
o da se medesimi conoscessero il mal sentiero
su cui si erano messi, o che alcuno amichevolmente li facesse avvedere del loro errore.
Le buone guide lor non mancavano; autori ottimi di ogni maniera, su’ quali studiando si
sarebbon fors’anche renduti loro uguali: ma
questi erano dimenticati; e benchè, direi quasi
per umano rispetto, si dicesse ancora che Cicerone, Livio, Catullo, Virgilio erano i migliori
autori, davasi però una segreta preferenza, e
con più piacer si leggevano Seneca, Tacito,
Marziale, Lucano ed altri somiglianti scrittori.
Si cominciò finalmente ad aprire gli occhi. Alcuni non temerono di andar incontro a’ pregiudizi volgari; gridarono ad alta voce che non