era quello il buon sentiero; additarono l’antico
ch’era stato abbandonato; presero a batterlo
essi stessi; ebbero a contrastare, e a soffrir
ancora il dispregio di coloro che, non volendo
confessare di aver errato, volean convincere di
errore tutti gli altri; ma finalmente prevalsero.
L’impegno usato in seguire il cattivo gusto si
volse al buono. Si antepose a Seneca Cicerone,
Catullo a Marziale, il Petrarca al Marini; il buon
gusto si ristabilì; e durerà tra noi finchè l’amore di novità e di gloria non ci conduca a
voler di nuovo lasciare il ripreso sentiero, e a
tentarne un altro che ci conduca a rovina. Ma
non così accadde, nè così poteva accadere nel
decadimento seguito dopo la morte d’Augusto.
XXIX. Se quando fu cessato quel primo impetuoso amore di novità che entrò allor tra’
toma ni, l’Italia si fosse trovata nelle circostanze medesime in cui si è trovata dopo la
decadenza dello scorso secolo, io penso che
le lettere sarebbon risorte all’antico onore. Ma
i tempi non eran punto a ciò opportuni. Vuolsi
qui ricordare ciò che abbiam detto di sopra,
delle cagioni per cui poco furono coltivati gli
studj in queste età, e tanto meno, quanto più
si venne innanzi fino a Carlo Magno. Le guerre
civili, la noncuranza di quasi tutti gli imperadori, l’invasione de’ popoli barbari, la cessazion dei motivi e degli stimoli, fecero illanguidire f impegno nel coltivare gli studj. Vi
ebbe de’ poeti, degli storici, degli oratori; ma
o eran letti da pochi, o se eran uditi da molti , questi non erano per lo più uomini che o
sapessero, o si curassero di giudicarne. QuimU