Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/82

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preliminare 45

mreostaiize lutte di questo decadimento. Per quanto barbari e incolti siano stati alcuni secoli , per quanto grande in essi sia stata la mancanza de’ libri, alcuni uomini dotti sono però stati in ogni secolo, e alcuni che hanno pur avuto ottimi libri, e che han potuto formare il loro stile su i buoni autori, delle cui opere aveano qualche esemplare. Ma donde è egli mai avvenuto che per tanti secoli non vi sia quasi stato autore di pura e tersa latinità; e che anzi questa sia venuta dopo la morte d’Augusto ognor più decadendo, fino a giugnere a quella barbarie a cui veggiamo che giunse negli scrittori del secolo undecimo e del duodecimo? È egli possibile che a niuno sia riuscito di formarsi sul modello di Cicerone, e di imitarne lo stile, benchè pure alcuni abbian cercato e studiato di farlo? Rechiamone qualche esempio particolare. Non vi è mai forse stato scrittore che sì altamente abbia sentito di Cicerone, quanto Quintiliano. Questi, come abbiam detto, ardì di far fronte all’autorità di Seneca e degli altri di lui imitatori; si sforzò di distogliere i Romani dal reo gusto che si era introdotto. Cicerone per lui è l’unico modello su cui formarsi: Hunc spectemus, dice egli, (l. i o, c. 1), hoc propositum nobis sit exemplum; e in ogni occasione sempre ne parla come del vero specchio di eloquenza e di stile. E nondimeno quanto è diverso lo stile di Quintiliano da quello di Cicerone? Qual piacere non provava S. Girolamo nel legger le Opere di questo oratore? Basta leggere ciò eh* ei narra di se medesimo