Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/96

Da Wikisource.

primo 59

gioventù coltivati attentamente, e nella greca ugualmente che nella latina favella erasi esercitato con molta lode (Svet. in Tib. c. 80). Nell’eloquenza avea preso a imitare singolarmente Valerio Corvino Messala orator celebre a’ tempi di Augusto, e già molti saggi aveane egli dato con non ordinario applauso innanzi ad Augusto medesimo e innanzi ai giudici (id c. 7) in varie cause da lui intraprese (2). Affettava grande esattezza nel non usar parola che non fosse latina 3 e celebre è il fatto che narra Dione (l. 57), cioè che avendo egli usata un giorno in un editto certa parola nuova , ricordatosene di notte tempo, chiamò a se tutti quelli che di lingua latina erano più intendenti, e ne chiese loro parere. Atteio Capitone, un di essi, disse che benchè niuno finallora f avesse usata, doveasi nondimeno in grazia di Tiberio riporre tra le parole latine; e rispondendo un Marcello che Tiberio poteva bensì agli uomini, ma non alle parole dare la cittadinanza, Tiberio non perciò mostrò di offendersene. Egli però secondando il gusto allora introdotto, usava di uno stile affettato e ricercato troppo, e perciò oscuro non poche volte (Svet. in Tib. c. 70), di che anche da Augusto fu talvolta deriso (idem in Aug. c. 86); (a) Avea Tiberio avuto per suo maesU’O , come narra Snida, un Sofista per nome Teodoro da Gadara , il quale ebbe poscia nella sua arte a rivali Polentone ed Ariti patio , e un figlio di cui setto Adriano tir fatto senatore. Ei fu autore di molte opere che si annoverauo dallo stesso scrittore.