Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/105

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44 LIBRO per riguardo a’ monaci per virtù e per sapere più illustri. Un magnifico elogio di questo erudito monaco ci ha lasciato Cassiodoro (l. cit,), il quale volendo provare che la Chiesa cattolica avea anche a’ suoi giorni uomini dotti ed illustri, rammenta il monaco Dionigi eh’ è stato, dice, a’ giorni nostri, e il chiama uomo nella greca e nella latina lingua dottissimo; e in cui il sapere vedeasi congiunto con una grande semplicità, colla umiltà la dottrina, e l’eloquenza colla sobrietà nel parlare; cattolico perfetto, e delle tradizioni de’ Padri fedel seguace. Egli ancora rammenta la facilità ch’egli avea a sciogliere prontamente o in greco o in latino qualunque dubbio sulle sacre Scritture, di cui venisse richiesto, e insieme le virtù religiose di cui era mirabilmente adorno. Ciò che aggiugne qui Cassiodoro, che amendue insieme avean letta la dialettica, ha fatto credere ad alcuno ch’egli facesse al suo monastero venir Dionigi, e di lui si valesse a istruir nella dialettica i suoi monaci. Ma, come riflette il P. Mabillon (Ann. ben. t 1, l. 5, n. 25), Cassiodoro nel passo citato delle sue Istituzioni delle divine lettere parla di Dionigi come d’uomo già trapassato; e quest’opera fu la seconda, come egli stesso c’insegna, da lui composta dopo la sua conversione, cioè poco tempo dopo ch’egli ebbe abbracciata la vita monastica. Oltre che, se ciò fosse stato, pare che Cassiodoro avrebbe citato il testimonio de’ suoi monaci stessi che l’aveano conosciuto, e avrebbe rammentato il vantaggio che dalle istruzioni di lui aveano ricavato: di che ei non fa motto. Sembra