Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/199

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VUI. Guerra civili tra i Longobardi medesimi. 138 i.nmo pietosi i nemici che uccidevano i Romani, che i giudici della repubblica, i quali colla loro malvagità, colle frodi, colle rapine gli opprimevano (l. 5, ep. 42). Ma da ciò appunto sempre più si comprende quanto infelice allor fosse la condizion dell’Italia , contro di cui furiosamente avventandosi due diverse e nimiche nazioni, sembravano gareggiare tra loro a chi ne facesse più orribile strazio. Quindi a me pare che il sopraccitato dottissimo autore si lasciasse portar tropp’oltre dal suo amore pc’ L uigobar- f di, quando parlando delle calamità a cui allor soggiacque l’Italia, ma queste, scrisse (ad un. 58 {), son misere pensioni della guerra, che in tutti i secoli, anche fra i Cattolici, si son provate e si provano. Io penso che i sovrani e i generali d’armata che or vivono, e che son vissuti in questi ultimi tempi, si possano a ragione vantare di non avere nè incendiate le intere città, nè rimandati i miseri e pacifici cittadini tronchi nelle lor membra, nè ridottili a barbara schiavitudine, e colle catene al collo inviatili come cani al mercato. VIII. Alle guerre quasi continue fra i Longobardi e i Greci si aggiunsero assai spesso an- > cor le civili fra i Longobardi medesimi, che assai più delle altre sogliono essere comunemente crudeli e funeste. Gaidolfo o Gandolfa duca di Bergamo, Ulfari duca di Trivigi, e Zangrulfo duca di Verona si ribellarono contro Agilolfo, e venner con lui alle mani (Murat ad an. 591 , 600). Ma assai più frequenti furono tali guerre civili dopo la morte di Ariperto avvenuta l’anno 651. I due fratelli