Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/360

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TERZO jgi) sembri dapprima che riconoscane l’innocenza, dicendo: Exilium innocuus pateris pertriste sacerdos, ec. inter Carm. Theod. I. 4cari», g. poscia nondimeno lo esorta a confessare il commesso delitto, assicurandolo essere questa l’unica via ad ottenere il perdono da Lodovico: Commissura scelus omne tibi dimittere mavult, Si peccasse tamen te memorare velis. Sed mihimet melius visum est, ut sponte fatetur, Quodque negari ullo non valet i.igenio. Nullo alio superari modo puto Principis iram Posse, probes nisi te criminis esse reum. Comunque fosse , le sue proteste non gli giovarono punto. L’anno seguente, come narra Eginardo con gli altri storici, in un sinodo da Lodovico radunato in Aquisgrana a tal fine, i vescovi rei di questa congiura furon deposti e rilegati in alcuni monasteri. A Teodolfo uno ne fu assegnato per carcere in Angers, dove egli si stette racchiuso per lo spazio di tre anni, cioè fino all’anno 821, in cui Lodovico a tutti coloro che per ragione del re Bernardo erano stati esiliati, e fra essi a Teodolfo diè il perdono. Ma questi non ebbe tempo a goderne, perciocchè mentre stava per tornarsene alla sua chiesa, finì in Angers i suoi giorni. Così chiaramente si afferma nel breve epitafio di questo celebre vescovo , pubblicato dal P. Mabillon, e più chiaramente ancora nell’altro più lungo che leggesi nella Gallia Christiana (l. cil.) , in