Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/408

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TERZO Bened. t. a, l. 20, n. 72), in cui gli dice che nelle state trascorsa, essendosi egli recato non lungi da quel monastero, avea ardentemente desiderato di abboccarsi con lui; ma che la stanchezza de’ suoi cavalli non gli avea permesso di.continuar più oltre il viaggio. In questa lettera Paolo chiama più volte Adelardo col dolce nome di suo fratello; e quindi avea con non improbabile congettura dedotto il P. Mabillon ch’ei fosse già monaco. Ma assai più chiaramente ciò si dimostra di uno de’ monumenti pubblicati dall’abate le Beuf (Diss. sur l’Hist. de Paris, t. 1, p. /\ 15). Esso è una lettera dello stesso Paolo a Teodemaro che fu abate di Monte Casino dall’anno 777 fino al 79(1 (Ann. ben. t. 2, l. 26, n. 46), in cui non solo egli il chiama suo padre, ma lungamente e con figlial tenerezza gli espone il desiderio ch’egli ha di tornare a quel suo monastero, e il rappresentarsi ch’egli fa di continuo all’animo la santa vita de’ suoi fratelli e l’amabil loro conversazione: Io mi trovo, dic’egli fra le altre cose, tra’ Cattolici e. tra’ seguaci di Cristo; tutti mi veggono con piacere, e mi trattano cortesemente per riguardo al nostro padre S. Benedetto, e a’ meriti vostri. Ma a confronto del monastero la corte mi è qual prigione; e al paragone della tranquillità, di cui si gode costì, a me par di essere in una fiera burrasca; e conchiude assicurando Teodomaro che, tosto che il re gliel permetta, egli volerà senza indugio a rinchiudersi nell’amata sua cella. Possiam noi bramare altra pruova a persuaderci che Paolo non venne in Francia, se non