Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/420

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terzo 35g il Fabricio c il Limiti potranno in ciò soddisfare a chi voglia esserne pienamente istruito. Io accennerò solo ciò che appartiene alle opere più importanti ch’egli ci ha lasciate. Non parlo delle Vite de’ Vescovi di Pavia, che il Galesini dice di aver vedute scritte da Paolo Diacono (in not. ad Martyrol.). Egli è il solo a cui esse sian venute sott’occhio, e perciò il Muratori (praef. ad Hist. miscell, t. 1 Script. rer. ital.) dubita con ragione di qualche equivoco. Abbiam bensì le Vite de’ Vescovi di Metz scritte da Paolo, che dopo più altre edizioni sono state di nuovo date alla luce dall’eruditissimo Calmet (Hist. de Lorraine, t. 1). Egli le Scrisse a istanza di Angelramno vescovo di quella città che allor vivea, come si raccoglie dalle ultime parole della stessa opera, e come altrove afferma lo stesso Paolo (Hist. Langob. l. 6, c. 16). Il sig. Liruti pruova con ottimi argomenti che questo libro da Paolo fu scritto dopo l’anno 783. Io aggiungo ch’esso fu certamente scritto prima dell’anno 791, perchè in quell’anno morì Angelramno (Calmel, ib. p. 531)5 il che conferma ciò che sopra abbiam detto intorno al tempo in cui Paolo trattennesi in Francia. Lo stesso Liruti afferma, seguendo il Cave, che Paolo scrisse innoltre separatamente la Vita del vescovo S. Arnolfo. Ma l’Oudin avea già scoperto e dimostrato l’errore in ciò commesso dal Cave. In Francia pure per commissione di Carlo fece Paolo Diacono la raccolta di omelie de’ SS. Padri sulle diverse feste dell’anno, che abbiamo alle stampe sotto nome di Omiliario. Vi si vede premessa una prefazione dello stesso Carlo Magno,