Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/434

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ben impiegato il tempo in esaminare ciò che a lui e a questa sua opera appartiene, potrà leggere ciò che eruditamente ne hanno scritto il sopraccitato P. Porcheron (praef. aA’Anon. ravenn.) Gian Gorgio Eckart (Franciae orient. vol. 1, p■ 902 ec-> Pietro Wasselingio (praef. ad Diatr. de Judaeor. Archont.), il P. Beretti (Diss. de Tabula Chorogr. Ital. medii aevi, sect. 2, vol 10 Script. rer. ital.), il Fabricio (Bibl. lat. med. et inf. aetat. t. 6, p. 54, ec.), e il P. abate Ginanni (Scritt. ravenn. t. 1, p. 428, ec.), oltre altri autori che da quest’ultimo vengono esattamente citati.

Capo IV.

Filosofia, Matematica, Medicina.

I. Ciò che detto abbiamo finora dell’infelice stato della letteratura italiana negli ameni studi, ci persuade agevolmente che nulla meno abbandonate e neglette dovean giacere le più serie scienze, a ben coltivare le quali fa d’uopo di agio insieme e di fatica maggiore assai. Ciò non ostante, se noi prestiam fede a uno storico di questi tempi, non vi ebbe forse mai secolo in cui la filosofia tanto lietamente fiorisse in una parte dell’Italia, come nei’ix di cui scriviamo. Egli è questi l’Anonimo salernitano, il quale assai seriamente ci narra (Chron. c. ¡ 32) che quando l’imperator Lodovico II verso l’anno 870 era in Benevento insieme con Adelgiso signore di quel ducato, trovavansi in quella città 32 filosofi. Tra questi uno de’ più famosi era, come