Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/465

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4<>4 LIBRO ostante da questa medesima sì infelice condizion dell’Italia io penso che avesse origine una delle sue glorie maggiori, cioè il recar ch’ella fece le scienze, singolarmente sacre, alle nazioni straniere. Alcuni che sortito aveano dalla natura e talento e inclinazione agli studj, veggendo che le turbolenze della lor patria non permettevano il coltivarli nelle paterne lor case con quell’agio e con quel piacere ch’essi avrebbon voluto, si trasportaron ad altre provincie, ed entrati in esse per farsi discepoli , vi divenner maestri. Noi avremo a vederlo più chiaramente nel capo seguente. VIII. Alcuni de’ romani pontefici, benchè travagliati continuamente da sinistre vicende, furon que’ nondimeno che non dimenticarono in questi tempi le scienze, e che anzi si adoperarono, quanto fu loro possibile, a ravvivarle. Così nel sinodo tenuto in Roma da Gregorio VII l’anno 1078 troviamo ordinato che tutti i vescovi facciano che nelle lor chiese vi abbia scuola di lettere (Condì’. Collect. Harduin. t. 6, Ìiars 1, p. 158o). E nel terzo Concilio generale ateranese, tenuto da Alessandro III l’anno 1179, non solo si ordina che i vescovi e i sacerdoti debbano esser forniti di quella scienza che al lor ministero e al lor carattere si conviene (ib. pars 2, p. 1674), ma espressamente comandasi uppcna più parlavasi delle Crociate. Lo studio che nel secolo XII cominciò a fiorire principalmente tra noi, fu quel delle leggi, e in esso io non credo certo che parte alcuna avessero le spedizioni in Oriente. In somma 10 l.ou trovo indù io di scienza alcuna che per mezzo delle Crociate si possa dire risorta e coltivata fra noi.