Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/719

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658. LIBRO sia stata guasta o interpolata, sicchè più non abbiamo il vero testo di essa, qual da Graziano fu scritto, come ha affermato un cotal Diomede Brava (seppur non è questo un nome da altri finto per occultarsi) in una dissertazione pubblicata l’anno iGc)4, e seguito poi da più altri autori, e somiglianti altre ricerche che mi condurrebbon tropp’oltre, e nelle quali io non potrei aggiugnere cosa alcuna a cièche ne ha scritto il diligentissimo P. Sarti, il Ì piale ancora ha confutate con evidenza e con forza le accuse che da molti si danno a Graziano, benchè egli pure non neghi ciò che niun uomo di senno potrà negare giammai, che in molti errori non sia egli caduto nel compilar la sua opeia. XXXVII. Era appena uscito alla luce il Decreto di Graziano, e tosto vidersi molti accingersi a chiosarlo e ad interpretarlo. I nomi de’ più antichi confessa il P. Sarti (l. c. p. 280) che son periti, e solo osserva (p. 286) che nelle carte della chiesa di Bologna a questi tempi si veggon molti canonici onorati col titolo di maestri, e che perciò è probabile ch’essi ivi tenessero scuola o di teologia, o di Canoni. Il più antico tra i discepoli e gl’interpreti di Graziano è un cotal Pocapaglia; nome che crederebbesi finto a capriccio , se non si vedesse espresso in un antico codice della biblioteca Casanatense , e nel Compendio dell’opera di Graziano fatto da Sicardo vescovo di Cremona , che forse gli era stato discepolo, di cui conservasi un antico codice nella Vaticana (Sartius, l. cit. p. 281). In amendue si nomina