Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/723

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t&S LIBRO una troppo sfavorevole prevenzione contro la nostra Italia. Parlo di monsignore Huet il quale ragionando di questi tempi medesimi, dice De l’Orig. (des Romans, p. 153, ec. éd. Amst 1693) che l’Italia si giaceva nella più profonda ignoranza , che benchè animata dall’esempio de’ suoi vicini, non ebbe che scarso numero di scrittori , e che coloro tra gl’Italiani, che volean pure avere qualche tintura di lettere andavano all’Università di Parigi. Io non entrerò a fare confronti; maniera di confutare inutile , perchè mai non convince il prevenuto avversario, e pericolosa , perchè sempre l’offende. Ma solo io prego chiunque può giudicare senza passione a riflettere attentamente a ciò che finora in questo libro medesimo abbiamo esposto. Abbiam veduti parecchi Italiani passare in Francia e richiamarvi , per così dire, a vita le scienze sacre j e abbiam recato le testimonianze de’ medesimi scrittori francesi antichi e moderni , che si uniscono in conceder loro tal vanto. Lo stesso abbiam veduto da loro concedersi per riguardo alla filosofia, singolarmente alla dialettica e alla metafisica , che secondo essi dee il suo risorgimento più che ad ogni altro a Lanfranco e a S. Anselmo. Abbiam veduti più Italiani coltivar felicemente la lingua greca, e darne non dispregevoli saggi; taluno ancora rivolgersi allo studio della lingua arabica , e da essa recare in latino non pochi libri. Abbiam veduti gli studj tutti d’ogni maniera coltivati in Italia con successo meno infelice di quello che in tempi cotanto calamitosi potesse aspettarsi, e alcuni dei nostri riempier della fama del loro nome la corte medesima