Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/47

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26 LIBRO ni non è stato troppo felice profeta. Era dunque a quei tempi la corte di Federigo quasi un luminoso teatro in cui i più belli spiriti italiani si radunavano, e all’ombra della regal protezione esercitavansi nei’ più ameni e nei’ più nobili studi. Qual frutto ne avrebbe tratto l’Italia, se più pacifico e più lieto fosse stato il regno di questo monarca! V. Da lui non dee disgiungersi il suo fido cancelliere e ministro Pier delle Vigne, da cui venne probabilmente in gran parte il fervore e l’impegno con cui egli avvivò e promosse le scienze. Fu questi un de’ più celebri uomini di quella età, che per le cariche illustri a cui dall umil sua condizione fu sollevato, per le gloriose ambasciate che per Federigo sostenne, pel suo sapere in poesia, in eloquenza, in leggi e in altri studi, per la destrezza nel maneggio dei’ più ardui affari, e finalmente per le sinistre vicende a cui fu soggetto, diede grande argomento a’ discorsi degli uomini e alle penne degli scrittori di questi tempi. E nondimeno, benchè appena vi abbia chi non parli di lui, niuno però tra gli antichi ci ha lasciata un’ esatta contezza della vita di questo sì famoso ministro. Matteo Paris e Guido Bonatti che gli furono coetanei, Francesco Pipino e Benvenuto da Imola, autori del secolo xiv, sono i soli che alquanto più stesamente.ne abbiano favellato, come or ora vedremo. Ciò ch è più strano, si è che ancor tra’ moderni, benchè tre edizioni si sian fatte delle Lettere di Pier delle Vi gne, ninno però ha preso a scriverne con qualche diligenza la Vita. E anche ne’ grandi