Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/48

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primo 37 Lessici del Bayle, del Marchand, del Chausepiè, non vedesi cenno alcuno di questo grand’uomo. Solo nel Giornale de’ Letterati stampato in Firenze ho io veduto intorno a lui (Li, par. 1, p. 60) un articolo in cui con singolare esattezza e con vastissima erudizione si esaminano le più importanti notizie che ce ne han lasciato gli antichi scrittori, e i difetti non piccioli dell’edizioni sinora fatte delle sue Lettere. Mi sia lecito dunque il fare qualche ricerca su questo argomento che non è punto alieno dallo scopo di questa Storia, e il raccogliere ciò che intorno a Pier delle Vigne mi è avvenuto di ritrovare, benchè con qualche fatica, presso i più antichi e i più accreditati scrittori. VI. L’abate Tritemio ci narra intorno a Pier delle Vigne la più leggiadra novella del mondo. Egli (Chron. Hirsaug. ad an. 1229), dopo aver detto che Pietro era tedesco, e natio di Svevia, e dopo aver ragionato del molto ch’egli operò a favor di Federico contro la Chiesa, soggiugne, che avendo incorso per qualche motivo lo sdegno del suo signore, fu per ordin di lui acciecato, e chiuso in un monastero, ove egli passò più anni in un’ amara contrizione delle sue colpe. Dopo alcun tempo, siegue a narrare il Tritemio, essendo Federico scomunicato, e vedendosi da ogni parte assalito da’ suoi nimici, e impotente a difendersi, fu costretto a ricorrere all’ antico suo cancelliere, e andò perciò al monastero in cui Pietro viveva rinchiuso; ed ivi, dopo avergli chiesto perdono del crudel trattamento usatogli, il pregò di consiglio nella estremità a cui era condotto. Pietro Vi. Favola che 11«» narra il Trilemio.