Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/529

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5o8 LIBRO parmi abbastanza provato: e il P. Sarti medesimo, di cui per altro non v1 ha il più valoroso sostenitore delle glorie de’ professori bolognesi, confessa (De Prof. Bon. t. 1, pars 1, p. 146) che non senza fondamento si crede ch’ei nulla ne sapesse. Lo stesso dicasi di quattro Cremonesi di questo secolo, che appoggiato all’autorità dell’Arisi annovera monsignor Gradenigo tra’ dotti di lingua greca, e sono Ferdinando Bresciani, Girolamo Salinerio, Valerio Stradiverto e Rodolfino Cavallerio (p. 102, ec.). Non v’ha chi non sappia quanto poco convenga fidarsi all’autorità dell’Arisi, scrittor erudito e laborioso, ma le cui opere o per la fretta con cui furon distese, o per troppa facilità in adottare checchè trovasse scritto di altri, son piene di gravissimi falli e di cose asserite senza alcun fondamento. Certo la iscrizione sepolcrale dei Cavallerio , ch’egli arreca, troppo è lontana dallo stile e dal gusto del secolo XIII a cui egli l’attribuisce. Quelli de’ quali finora abbiam fatta menzione, bastano ad assicurare all’Italia l’onore di aver sempre avuti diligenti coltivatori di questa lingua, senza che annoverandone altri di cui non ne sieno ugualmente certe le pruove, diamo occasione a’ rivali delle nostre glorie di crederci vani millantatori di lodi non meritate. ITI. A questi Italiani versati nella lingua greca aggiugniamone un altro che ci lasciò qualche pruova della sua perizia nella lingua ebraica. Ei fu Giovanni da Capova , di cui non fanno menzione alcuna gli scrittori delle Biblioteche del regno di Napoli, e che da Niccolò Antonio