Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/61

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40 LIBRO Ulne cpistolae non fuemnt siine, licei v'uleantnr Imbeve conformitaiem cimi stjlo suo; c aggiugite clic ancorché da ini fossero state scritte, ei dovette usare di quelle espressioni per placar l’animo di Federigo. E quindi è chiaro che presso i più antichi scrittori del XIII secolo e del seguente fu opinione comune che Pier delle Vigne non dovesse la sua rovina che al troppo invidiato suo esaltamento. XII. Non dobbiam però dissimulare il rac> conto assni diverso che di tal morte ci ha la! sciato un altro scrittore contemporaneo a Pietro, cioè Matteo Paris (Hist. ad an. 1249)). Ecco ciò ch’ei ne narra. Giaceasi Federigo ammalato in Puglia, quando Pier delle Vigne pe' donativi d’Innocenzo IV pensò di valersi di questa opportuna occasione a tradirlo. Sedotto perciò un medico, fe’ porre il veleno in un medicamento che Federigo dovea bere. L’imperadore ne fu avvertito quando già era per appressare la tazza alle labbra; e rivoltosi a Pietro e al medico che gli stavan dappresso, Spero io bene, lor disse, che voi non vorrete darmi il veleno. Pietro finse gran maraviglia del timore di Federigo, quasi con esso oltraggiasse la lor fedeltà. Ma Federigo rivoltosi con torvo aspetto al medico, gli porse la tazza, e gli ordinò che egli prima per metà la bevesse; di che il medico atterrito, fingendo di sdrucciolare, lasciolla cadere a terra. Comandò allora l’imperadore che raccolto ciò che nella tazza era rimasto, si desse a bere ad alcuni dannati a morte, ed essi in poco d’ora rimasero estinti. Fu dunque palese il tradimento del medico e di Pietro.